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LA GARANZIA DEL DIRITTO AL RIMBORSO DEI VOUCHER TURISTICI: SÌ DALL’ANTITRUST

Il rimborso di viaggi, voli e hotel cancellati per circostanze eccezionali legate all’emergenza da Covid-19 rimane un diritto dei viaggiatori e non può essere sostituito da un voucher.

A stabilirlo è l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che a seguito delle numerose lamentele ricevute negli ultimi mesi da parte dei consumatori, è intervenuta sull’art 88-bis del D.L. 18/2020, c.d. “Cura Italia”, norma che consente agli operatori del turismo di non rimborsare le cancellazioni, emettendo un voucher sostitutivo.

Il 28 Maggio 2020, l’Antitrust ha così inviato una segnalazione al Parlamento e al Governo, evidenziando come l’articolo in questione sia “in contrasto con la vigente normativa europea, che nel caso di cancellazione per circostanze inevitabili e straordinarie, prevede il diritto del consumatore ad ottenere un rimborso”. La posizione assunta dalla Commissione Europea nella Raccomandazione del 13 maggio 2020 evidenzia sì che l’operatore può legittimamente offrire un buono, ma a condizione che i viaggiatori non siano privati del diritto al rimborso in denaro.

Affinché i voucher possano essere considerati una valida e affidabile alternativa al rimborso in denaro, essi dovrebbero presentare alcune caratteristiche, tra le quali una copertura assicurativa per il possibile fallimento del tour operator o del vettore e il diritto al rimborso in denaro se alla scadenza del voucher il consumatore non avrà usufruito dello stesso.

Pertanto, in presenza di condotte nelle quali al consumatore viene negato il diritto al rimborso e offerto unicamente il voucher, l’Antitrust potrà intervenite per assicurare la corretta applicazione della normativa di fonte comunitaria, disapplicando la novella introdotta dall’art. 88-bis del decreto legge “Cura Italia”, con essa contrastante.

WR Milano Avvocati
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Tel. 3397007006 – Avv. Ruggiero Gorgoglione
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IL RAPPORTO LOCATIZIO A SEGUITO DELL’EMERGENZA COVID-19

Il #DecretoCuraItalia definisce la pandemia da #Coronavirus un “evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia”, da ciò discende la possibilità che la pandemia rappresenti la “forza maggiore” idonea ad incidere sulla regolare prosecuzione del rapporto contrattuale.
In queste settimane infatti molte #imprese hanno sospeso le proprie attività e molti stanno facendo i conti con la concreta possibilità di ripresa e diverse purtroppo andranno incontro ad una chiusura definitiva. Al contempo anche molti titolari di contratti di #locazione abitativa hanno lasciato le abitazioni spostandosi verso la residenza principale. I soggetti coinvolti (conduttori e locatori) si pongono pertanto diversi quesiti sulle sorti dei contratti in corso e sulla possibilità di proseguire il rapporto locatizio o risolverlo con le valutazioni economiche che ne conseguono.
Nella disamina dell’impatto dell’emergenza sui contratti di locazione in essere, bisogna tener conto quindi di due scenari possibili e diversi tra loro: il primo rappresentato dal caso in cui nonostante l’emergenza in corso il rapporto locatizio prosegua ma con la richiesta da parte del conduttore di riduzione o sospensione del canone, il secondo scenario è invece rappresentato dalla risoluzione anticipata del rapporto locatizio per effetto dell’emergenza.

1. I POSSIBILI SCENARI: LA PROSECUZIONE DEL RAPPORTO

Come anticipato in apertura è possibile che il rapporto locatizio prosegua, ma che il conduttore richieda una riduzione del canone o la sospensione dello stesso.

1.1 IMPOSSIBILITÀ TEMPORANEA DEL CONDUTTORE DI ADEMPIERE EX ART. 1256 CO. 2 C.C.
Con riferimento alle attività temporaneamente chiuse nel rispetto dei provvedimenti adottati dal Governo, alcuni operatori del diritto sostengono che il conduttore in difficoltà possa invocare l’impossibilità legata all’emergenza Covid-19 chiedendo di sospendere la corresponsione del canone ai sensi del secondo comma dell’art. 1256 c.c. o di ridurne l’importo.
Tale norma, infatti, prevede che “se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”, ed infatti anche l’art. 1218 c.c. esclude la responsabilità del debitore dal risarcimento del danno eventuale (ex art. 1223 c.c.) qualora l’inadempimento o il ritardo stesso derivino da causa a lui non imputabile.
Non manca però una diversa corrente di pensiero, secondo la quale, nel caso specifico della pandemia Covid-19, l’impossibilità riguardi per lo più l’esercizio dell’attività commerciale e non il pagamento del corrispettivo che rimane comunque possibile. A tale scopo, tale corrente di pensiero richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale la riduzione o la sospensione del canone sarebbero legittime solo in caso di minor godimento del bene immobile per un fatto riconducibile al proprietario (Cass. n. 261/2008 ), rilevando per contro che il pagamento del corrispettivo sia sempre oggettivamente possibile e che le ragioni ostative al pagamento potrebbero essere nel caso specifico della pandemia solo soggettive in quanto legate alla crisi economica del conduttore .
Di conseguenza chi opta per tale tesi ritiene che a essere divenuta temporaneamente impossibile, sia tuttalpiù l’obbligazione del proprietario locatore di manutenere il bene nel pacifico godimento del conduttore, secondo l’uso pattuito.
Lo scrivente condivide solo in parte quest’ultima impostazione, ovvero ritiene che la proprietà potrebbe andare anch’essa esente da responsabilità ove abbia omesso alcune attività di manutenzione per impossibilità legate all’emergenza Covid-19. Tuttavia, lo scrivente non esclude che anche il conduttore possa invocare i principi civilistici summenzionati e ritenere legittimo il ritardo nell’adempimento per la crisi economica generata dal blocco di alcune attività commerciali andando esente da responsabilità per il ritardo nel pagamento.
Alcuni autori richiamano in materia locatizia e contrattuale tra privati l’art. 91 del Decreto “Cura Italia” n. 18/2020 ritenendo che il legislatore volesse escludere espressamente la responsabilità del debitore qualora i ritardi siano dipesi dal rispetto delle misure di contenimento che impongono delle specifiche chiusure.
Tuttavia tale norma, come è espressamente indicato nella rubrica e come è chiarito nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, riguarda i contratti pubblici per cui non può in alcun modo applicarsi ai contratti di natura privatistica, potendo tuttalpiù fornire uno spunto di natura interpretativa.
Pertanto, nel corso dell’emergenza Covid-19 il sottoscritto ritiene che sia possibile che i conduttori richiedano la sospensione o la riduzione temporanea del canone, qualora la propria attività rientri tra quelle assoggettate a sospensione invocando l’impossibilità sopravvenuta legata all’emergenza Covid-19, impossibilità individuata in concreto nelle disposizioni che impongono la chiusura delle attività stesse.
Chiaramente la riduzione temporanea o la sospensione del canone non escludono la debenza delle somme maturate, che dovranno comunque essere corrisposte allorquando cesserà lo stato di impossibilità e quindi alla riapertura delle attività interessate dal problema.

1.2 IMPOSSIBILITÀ PARZIALE SOPRAVVENUTA PER FATTO DEL LOCATORE
Alcuni giuristi sostengono che il conduttore possa invocare l’applicazione degli artt. 1464 e 1258 c.c., sostenendo che una parte della prestazione sia divenuta impossibile invocando di conseguenza il diritto alla riduzione della controprestazione monetaria o al recesso dal contratto qualora non abbia interesse all’adempimento parziale.
Lo scrivente ritiene che il richiamo a tale norma sia possibile solo con riferimento ad alcune specifiche ipotesi e non possa avere portata generale.
Ad esempio il conduttore potrebbe invocare tale norma qualora il contratto avesse ad oggetto non solo l’immobile principale ma anche delle pertinenze non libere al momento della stipula e la cui liberazione sia divenuto impossibile a causa delle restrizioni alla circolazione. L’impossibilità nel liberare le pertinenze comporterebbe un minor godimento del bene e di riflesso la possibilità di riduzione del canone di locazione (a seguito di accordo, mediazione o di giudizio).
Pertanto, si ritiene che tale norma non sia invocabile qualora l’unica ragione a fondamento dell’impossibilità sia la crisi economica generata dalla chiusura temporanea delle attività. In tal caso, come abbiamo esaminato in precedenza, la proprietà potrebbe eccepire che l’impossibilità riguardi per lo più l’esercizio dell’attività commerciale e non il pagamento del corrispettivo, prestazione che rimane comunque in astratto possibile, considerata la disponibilità materiale dell’immobile.

1.3 IL CREDITO DI IMPOSTA NEL DECRETO CURA «CREDITO D’IMPOSTA PER BOTTEGHE E NEGOZI».
Il Decreto Cura Italia, all’articolo 65, prevede a favore del conduttore un #creditodiimposta per l’anno 2020 pari al 60% del canone di locazione relativo al mese di marzo 2020 per l’affitto degli immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (botteghe e negozi).
Tale previsione lascia dedurre che le misure legate all’emergenza Covid-19 non escludano in generale la debenza della prestazione nei rapporti locatizi.
Il bonus peraltro riguarda le attività chiuse e non quelle aperte che pertanto non godranno neanche di tale agevolazione fiscale.

1.4 LA RESPONSABILITÀ DEL CONDUTTORE IN CASO DI PRESTAZIONE POSSIBILE
Nel caso in cui la prestazione non possa considerarsi impossibile, ad esempio in quanto l’attività non rientra tra quelle assoggettate a provvedimenti restrittivi, si ritiene che il debitore sia chiaramente obbligato al rispetto degli accordi contrattuali.
Lo stesso infatti sarà responsabile contrattualmente ex art.1218 c.c. e potrebbe anche esser tenuto al risarcimento del danno eventualmente causato alla controparte ove sussistente e provato.
Inoltre, non si esclude che il locatore possa legittimamente procedere con lo sfratto per morosità ove ne sussistono i presupposti, fermo restando quanto diremo in relazione al rinvio delle esecuzioni degli sfratti per morosità.

2. I POSSIBILI SCENARI: L’INTERRUZIONE DEL RAPPORTO

2.1 IL RECESSO PER GIUSTA CAUSA
Qualora il conduttore volesse invocare la giusta causa di risoluzione del contratto di locazione, ritenendo la prosecuzione dell’attività non proficua, lo stesso potrebbe inviare alla proprietà il #recesso per gravi motivi ex art. 27 della L. 392/78 con preavviso di sei mesi.
In linea generale la gravità dei motivi deve essere oggettiva, in quanto deve trattarsi di motivi:
– estranei alla volontà del conduttore,
– imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto di locazione
– sopravvenuti.
Lo scrivente ritiene che la pandemia potrebbe configurare un grave motivo avendo tutti i connotati sopra elencati, chiaramente qualora dal recesso dovesse sorgere un contenzioso, non si può escludere che la proprietà evidenzi il carattere solo temporaneo dell’impossibilità, al cui valutazione dovrà essere perciò rimessa all’autorità giudiziaria in fase applicativa.

2.2 L’ECCESSIVA ONEROSITÀ SOPRAVVENUTA
Si sostiene che il conduttore possa invocare anche l’ “eccessiva onerosità sopravvenuta” ex art. 1467 c.c. Il richiamo a tale norma sarebbe utile solo qualora il conduttore volesse risolvere il rapporto senza il preavviso di sei mesi prescritti dalle norme sulle locazioni.
L’eccessiva onerosità si può considerare sopravvenuta qualora sia legata ad un evento, straordinario e imprevedibile, estraneo alla normale alea del contratto, tale da rendere l’esecuzione della prestazione più onerosa al periodo antecedente l’evento.
Pertanto l’eccessiva onerosità potrebbe essere invocata tuttalpiù da quelle attività interessate dai provvedimenti restrittivi e non da quelle che potevano proseguire il proprio esercizio.
Si ritiene che anche in tal caso l’eccessiva onerosità debba essere oggettiva, per cui è possibile che il locatore contesti il carattere oggettivo dell’onerosità rilevando per contro che la stessa sia correlata all’impotenza economica del conduttore che come tale è puramente soggettiva.
Vi è da considerare inoltre che il locatore potrebbe anche, proporre di modificare il contratto per rendere eque le condizioni contrattuali riducendo il canone.
Anche in questo caso quindi l’eccessiva onerosità potrebbe rappresentare un punto di partenza per una trattativa tra le parti contrattuali, mentre in caso di un eventuale contenzioso l’alea del giudizio è rappresentata appunto dall’interpretazione del connotato oggettivo dell’impossibilità e dalla sua incidenza sull’onerosità del rapporto.

2.3 LA SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE DEGLI SFRATTI FINO AL 30 GIUGNO 2020 SECONDO IL DECRETO “CURA ITALIA”
L’art. 103 comma 6 del Decreto Cura Italia prevede che l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, sia sospesa fino al 30 giugno 2020.
Pertanto l’esecuzione per consegna e rilascio non sarà possibile fino a tale data, diverso è il discorso relativo al recupero del credito, che rimane comunque possibile fermi restando i termini di sospensione previsti dai decreti in materia Covid-19.
Inoltre la norma non esclude l’instaurazione di procedimenti ex novo, per cui anche in questo caso, ferma restando la sospensione per le attività processuali prescritta dai Decreti in materia Covid-19, i nuovi giudizi possono essere comunque incardinati.

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